Alla ricerca di una lingua «viva e vera». I notabilia manzoniani alle Commedie di G.B. Fagiuoli

Riferimento: 9788835161486

Editore: Franco Angeli
Autore: Ghirardi Sabina
Collana: Vulgare latium. Lingua testi storia
In commercio dal: 28 Ottobre 2024
Pagine: 346 p., Libro in brossura
EAN: 9788835161486
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Descrizione

Scrivendo l'Introduzione al Fermo e Lucia, Manzoni confessa: Scrivo male a mio dispetto; e se conoscessi il modo di scriver bene, non lascerei certo di porlo in opera. L'autore si trova dinnanzi a una sfida che non è solo letteraria, ma anche civile: dare voce agli umili protagonisti del romanzo, farli dialogare in modo spontaneo e verosimile e rendere scorrevoli anche gli imponenti excursus storiografici. Ancora lontano da Firenze, a Manzoni non resta che interrogare i fiorentini di carta e d'inchiostro di ogni secolo. Inizia quindi a postillare la Crusca veronese, ma ben presto si aggiunge lo studio di una costellazione di autori minori del '500, '600 e '700 accumunati dalla provenienza fiorentina: tra questi testi spiccano le Commedie di Giovan Battista Fagiuoli (1660-1742), cui questo volume è dedicato. Una mole così ampia di testi non permette un'ulteriore operazione di postillatura: le locuzioni idiomatiche, i proverbi, i colloquialismi, le voci notevoli che Manzoni vi trova vengono infatti solo sottolineati. Il volume, quindi, propone un'edizione commentata dei notabilia al corpus delle Commedie di Fagiuoli nel tentativo di evidenziare l'importanza di questo autore per la definizione della lingua dei Promessi sposi del 1825-1827. L'indagine sui testi presenti nello scriptorium manzoniano permette così di scoprire come, per esempio, Manzoni arrivi a far lamentare Renzo del latinorum usato da don Abbondio (a partire da voci come latinaggine, latiname e latinamento trovate in Fagiuoli), oppure a far esclamare con disdegno al mercante dell'osteria di Gorgonzola che quando la pera è matura, convien che caschi, oppure ancora, ma l'elenco sarebbe ben più lungo, come il podestà spieghi agli oziosi convitati al banchetto di don Rodrigo che il conte duca sa che cosa bolle in pentola di tutte l'altre corti.